Un tuffo nella storia seicentesca di Livorno alla scoperta di un capitolo quasi sconosciuto che avrebbe potuto cambiare la storia della Toscana come Stato e della nostra città. L’International Propeller Club Port of Leghorn ha avuto lunedì scorso il piacere di ospitare il dott. Piero Giorgetti che ha relazionato su “Da Livorno alla Guyana, storia di una colonia mancata”.
Dopo i saluti introduttivi della presidente Maria Gloria Giani Pollastrini, Piero Giorgetti, storico e giornalista tv, ha iniziato a tratteggiare un’avventura pensata tra il granduca Ferdinando II e il conte inglese Robert Dudley proprio lungo quelli che saranno quattrocento anni dopo i viali di villa Fabbricotti.
Il racconto inizia con una cartina dell’Europa all’inizio del ‘600 quando si avvia da parte di più paesi una linea politica di colonizzazione . Un’istantanea che mostra come, nel primo decennio di quel secolo, molti paesi fossero ancora agli esordi e proiettati verso geografie che non disturbassero gli interessi spagnoli (Olanda, Inghilterra), altri con diverse difficoltà interne da rallentare o addirittura “trattenere” nuove operazioni (Francia, Portogallo).
In pratica, fatta eccezione per la Spagna, peraltro già all’apice della sua potenza e in fase di stagnazione dalla quale inizierà la sua parabola discendente, la Toscana ha le economie, le maestranze, la logistica ma soprattutto quella visione a media distanza che potrebbe permettersi l’ingresso in gioco su questa scacchiera “mondiale”.
Livorno sarebbe stato il porto di partenza, teso a divenire un grande punto di riferimento per il commercio marittimo mediterraneo ma anche proteso a ricevere le rotte dal nuovo mondo.
La città cresce grazie all’apporto di immigrati che, grazie alla Costituzione delle Livornine, già in 15 anni hanno portato la popolazione da 700 a 7000 abitanti tra stranieri provenienti da più parti dell’Europa come anche del Medio Oriente, così anche quei “forestieri” italiani in fuga da paesi arretrati come il Piemonte o opprimenti come i territori sotto dominio spagnolo (lombardia e mezzogiorno italiano).
Migrazione, questa, alla quale Livorno deve l’adozione di una maggiore consistenza di dieta alimentare a base di pesce grazie al numero rilevante di pescatori campani e greci giunti nella novella città.
La Missione nella quale Ferdinando de Medici crede con entusiasmo vuole anche essere il proseguimento di una strategia politica di largo respiro, promossa dal padre, Cosimo I de’ Medici. Nel 1569 viene nominato Granduca di Toscana e fin da subito lavora per staccarsi, anche storicamente, dal Sacro Romano Impero. Con Ferdinando I continua l’originario percorso identitario del Granducato, potenziato dall’inventiva economica che lo caratterizza: Livorno apre le porte ai grandi mercanti e a chi si lascia alle spalle qualche problemino con il Paese di provenienza. Tra i fuggitivi accolti a Livorno c’è il conte di Warwick, Robert Dudley. Sarà proprio quest’ultimo a proporre una missione esplorativa a Ferdinando e noi possiamo immaginare questi colloqui avvenuti assai verosimilmente nel passeggiare per il parco posto intorno alla Villa fatta costruire dal Granduca in prossimità della città per seguirne gli sviluppi ma rimanere anche un po’ in disparte onde rilassarsi, la Villa Ambrogiana che diverrà in seguito Villa Fabbricotti più nota ai livornesi.
Il progetto piace a Ferdinando, che non solo lo finanzia ma attua una micragnosa politica di preparazione per assicurarsi la piena navigabilità del mediterraneo e in questo gioco “politico-diplomatico” riesce a tessere una tela che coinvolge Persia, Marocco e Ordine di Santo Stefano che opera a danno di turchi e barbareschi mettendoli sulla difensiva.
Viene messo in cantiere un galeone di tipo inglese, un quattro alberi che prenderà poi il nome di Santa Lucia Bonaventura. Al comando del galeone viene messo Robert Thornton, a quello della tartana al fratello Giles. Le due navi svolgono la loro missione con 200 persone a bordo: 180 – raccontano le cronache del Magri – erano del coacervo di genti di Livorno, 20 invece erano stranieri “lucchesi”.
Le navi, partite il giorno 8 settembre 1608, arrivano a Capoverde a fine mese. Là si tiene una delicata riunione con gli equipaggi. Che fare? Fermarsi fino al ritorno della bella stagione o arrischiarsi a prendere il mare per arrivare a Tobago in 18 giorni? Tobago era una località piratesca con bella vita e rum, ben conosciuta dagli equipaggi inglesi, Thornton in testa. È un plebiscito: rotta per Tobago, sosta di rilassamento e poi subito verso il fiume Oyapock per risalire verso il Rio delle Amazzoni.
La missione riesce. Viene caricato tutto il possibile: pepe bianco, cacao, cotone, palissandro, campioni di bauxite (ma all’epoca l’alluminio non era estraibile), nonché scimmie, pappagalli e indios per il granduca. Vengono stretti anche buoni rapporti con i locali.
Le due navi si perdono però di vista. E, sul galeone si crea un grosso problema: un tentativo di ammutinamento. Alcuni pensano di uccidere Robert Thornton e vendere il carico a Tobago vivendo di pirateria. Thornton lo viene a sapere, cattura i responsabili grazie agli archibugieri ma passa sopra alla vicenda in cambio di una rinnovata fedeltà. I due marinai ispiratori della rivolta vengono invece lasciati a terra alle foci dell’Orinoco.
Nel luglio 1609 la spedizione rientra. Robert Thornton è accolto come trionfatore e porta a Firenze scimmie e indios. Ma Ferdinando è morto e Thornton a palazzo Pitti incontra Cosimo II. Questi ringrazia per i doni ma è un uomo malato, poco disposto a nuove sfide e rinvia la fondazione della colonia. A Thornton verrà comunque regalata una villetta con vigna in via delle galere 514, più o meno dove si trovava il vecchio teatro degli Avvalorati. Mesi dopo una insperata sorpresa: Giles Thornton ritorna vivo e vegeto: si era semplicemente fermato a cercare l’oro nel fiume Orinoco, peraltro trovandolo e in abbondanza.
Dudley e Robert Thornton furono sepolti a Livorno nel cimitero degli Inglesi. Per la Toscana fu un’occasione persa, ma la storia è piena di questi episodi.
Tra i presenti alla serata anche il comandante provinciale dei Carabinieri, Colonnello Massimiliano Sole e signora, il Capitano di Fregata Giuseppe Chiarelli, in rappresentanza dell’Ammiraglio Tarzia, l’ing. Opimitti in rappresentanza del Rotary Club e il consigliere regionale, nonché collega di Giorgetti, Francesco Gazzetti.