Come progettavano i velieri

Trecento anni di velieri tra maestri d’ascia, innovazioni tecnologiche e spionaggi. Questi alcuni dei temi affrontati lunedì scorso all’International Propeller Club Port of Leghorn grazie alla relazione dell’Ammiraglio (r) Cristiano Bettini.  L’ex comandante dell’Accademia Navale, introdotto dal giornalista Antonio Fulvi, ha guidato la platea in un coinvolgente viaggio a ritroso nella marineria, per una volta non raccontata dalla parte degli uomini, ma dalla parte dei velieri. Quelle che oggi ci possono apparire come semplici navi a vela, per oltre tre secoli sono state infatti tra le macchine più preziose e tecnologiche della loro era; orgoglio dei re e oggetto di spregiudicato spionaggio, i velieri si sono trasformati anche in preziosi oggetti di lusso dapprima per i monarchi, poi per le classi più agiate, dando vita a quello che poi sarebbe divenuto lo yachting moderno.

Dopo i saluti istituzionali della presidente Maria Gloria Giani Pollastrini, Antonio Fulvi ha introdotto l’ammiraglio Cristiano Bettini e il suo nuovo libro “Come progettavano i velieri. All’origine dell’architettura moderna di navi e yacht” (ETS, 2019). Un’opera frutto di un lavoro decennale di ricerca che ha portato Bettini non solo a consultare i disegni delle fregate salvatisi dall’incendio napoleonico dell’Arsenale di Venezia, ma anche a reperire manoscritti e materiali in Francia, Gran Bretagna, Olanda, Svezia, Spagna, Danimarca, Portogallo e Stati Uniti. Un impegno che ha visto anche un complicato lavoro di misurazione di modelli originali e di traslazione delle formule matematiche settecentesche in quelle attuali.

Bettini, dopo la proiezione di un breve video dove ha mostrato alcuni dei velieri più noti ricostruiti, come la goletta americana Lynx e l’Endeavour di Thomas Cook, ha ripercorso le tappe principali dell’evoluzione tecnologica nell’architettura navale. Dai calcoli sul dislocamento di Deane del 1670, passando per la scoperta del metacentro grazie all’applicazione degli studi di Eulero e Bouguer, si arriva progressivamente ad affrontare i problemi della stabilità, dell’inclinazione e della stabilità dinamica. Grazie all’applicazione della matematica vengono studiati e affrontati problemi che affliggevano i capitani più esperti come la straorzata e lo slamming; un percorso che ha portato a scoprire i coefficienti caratteristici che sono alla base dei calcoli informatici moderni. Il valore economico di queste macchine – ha spiegato nel corso della sua esposizione l’ammiraglio – ha portato con sé anche lotte di intelligence, con architetti che agivano da spie, nascondendosi, osservando cantieri nemici e rubando progettisti agli avversari, mettendo magari al sicuro anche i loro famigliari. I velieri, fossero da trasporto, contrabbando o guerra, erano talmente belli e prestigiosi che i re volevano avere l’ultima parola sui progetti e sulla loro estetica: non a caso nel Grand Canal di Versailles Luigi XIV provava i modelli delle navi più importanti da costruire, oltre ad avervi fatto dislocare alcuni vascelli per intrattenere la corte.

Una evoluzione, ha concluso Fulvi, che ha portato anche la velocità delle navi dai 4 nodi delle caravelle di Colombo ai 72 nodi dei modelli sperimentali più estremi attuali. Le domande della presidente Giani e del pubblico hanno anche consentito di far raccontare le circostanze della collaborazione tra l’ammiraglio Bettini e Oriana Fallaci nella redazione di un capitolo del libro “Un cappello pieno di ciliegie”, uscito poi postumo nel 2008. Bettini, per conto dello Stato Maggiore della Marina, ha aiutato la scrittrice a ricostruire in chiave romanzata le vicende di un parente nostromo settecentesco e della perdita dei suoi quattro figli in mare.

L’ammiraglio, dopo un cordiale scambio col collega contrammiraglio Giuseppe Tarzia, ha ricordato l’importanza di replicare l’esperienza estera nella valorizzazione dell’architettura navale storica, come avviene nelle altre nazioni.

Ad ascoltare la relazione di Bettini, in platea, c’erano anche l’Ambasciatore italiano a San Marino, dott. Guido Cerboni accompagnato dalla moglie, il Questore di Livorno, dott. Lorenzo Suraci, il Direttore marittimo della Toscana, Amm. Giuseppe Tarzia, il Comandante dell’Accademia Navale Flavio Biaggi con la moglie, il Comandante provinciale dei Carabinieri, Colonnello Massimiliano Sole insieme con la moglie e il Tenente Silvia Mancini della Guardia di Finanza.